La resistività elettrica (o resistenza specifica della materia) è una grandezza fisica che si usa per indicare la resistenza di un dato materiale alla corrente elettrica.
Conoscerla può aiutare chi opera in diversi settori produttivi, dall’alimentare al farmaceutico, passando per il packaging, ad ottenere migliori risultati nella lavorazione o comunque nell’impiego di materiali isolanti.
Conoscere la resistività dei materiali che si utilizzano in produzione permette di ridurre in modo considerevole criticità e pericoli causati dalle cariche elettrostatiche, come ad esempio piccole scosse elettriche agli operatori, rallentamenti o fermi della produzione, cali di qualità nei prodotti, fino a possibili esplosioni e incendi.
Dal blog di barreantistatiche.it leggiamo cos’è e come si calcola la resistività elettrica perchè conoscere la tendenza che ha un dato materiale ad opporre resistenza al momento del passaggio di una carica elettrica può risultare interessante e utile in vari settori produttivi.
Ogni oggetto ha una sua resistività, che dipende direttamente dalle proprietà chimiche e fisiche della materia di cui è costituito.
Perché si formano le cariche elettrostatiche
Oggi sempre più spesso i prodotti che utilizziamo più frequentemente e ampiamente provengono da catene di produzione fortemente automatizzate e che fanno uso di macchinari che operano a velocità spesso elevate.
Le sollecitazioni che queste macchine provocano nei materiali con cui entrano in contatto, possono causare la sottrazione di elettroni e quindi uno squilibrio elettrico.
I materiali isolanti, come la plastica, ampiamente usati in industria e non solo, normalmente sono elettricamente neutri, ovvero privi di carica elettrica. Sollecitati con pressioni o sfregamenti possono però, attraverso uno scambio di elettroni, perdere il loro iniziale equilibrio e accumulare carica negativa, portando alla formazione di cariche elettrostatiche.
Si potrebbe pensare che l’elettricità elettrostatica, come quella sperimentabile sfilandosi un maglione in tessuto sintetico o al momento di scendere l’auto e toccare la portiera, sia fastidiosa, ma sostanzialmente del tutto innocua.
In effetti prendere delle piccole scariche non è un problema per la salute, ma in alcuni contesti produttivi, anche una scarica o magari una scintilla, possono causare notevoli criticità.
Non a caso, all’interno di alcune aree di produzione, ad esempio nei settori dell’elettronica o dell’automotive, vengono allestite apposite Aree Elettrostatiche Protette (EPA5), visto che l’elettricità statica può danneggiare o comunque compromettere i dispositivi elettronici.
Nei settori come quello alimentare o farmaceutico si parla invece di Zone ad Atmosfera Esplosiva, dove anche una piccolissima scintilla potrebbe innescare incendi o esplosioni.
Come eliminare le cariche elettrostatiche
Come abbiamo visto le cariche elettrostatiche possono causare parecchi problemi, a vari livelli di gravità.
Conoscere la resistività dei materiali e di conseguenza se si è o meno a rischio è il primo passo. Spesso infatti anche davanti ad evidenti problemi, come il blocco di un macchinario non sempre si identifica prontamente nelle cariche incontrollate l’effettivo problema.
Prendere consapevolezza è quindi il promo passo da compiere. In seguito bisogna passare all’azione per risolvere il problema, cosa che si può fare efficacemente installando sui macchinari delle barre antistatiche o ionizzanti.
Questi dispositivi ionizzano l’aria nell’area di lavorazione e vanno a ripristinare così l’equilibrio elettrico degli atomi dei vari materiali, coinvolti nei processi produttivi.